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Il racconto del giovane Nicola di Messina, che rimase sottacqua a sostenere il peso della Sicilia

C’era una volta a Messina il giovane Nicola, detto “Cola”. Il ragazzo era il figlio di un pescatore ed era un abilissimo nuotatore, tanto da essere stato soprannominato dai sui concittadini Colapesce.

Si diceva che Colapesce riuscisse a restare in immersione per settimane, se non addirittura mesi interi. Quando tornava dalle sue avventure subacquee, portava in superfice numerosi tesori e raccontava agli amici le meraviglie del mondo subacqueo.

La fama di Colapesce era tale da essere giunta alle orecchie di Federico II di Svevia, re di Sicilia. Il re volle conoscere il ragazzo e vedere con i suoi occhi le sue grandi abilità natatorie. Decise di dare un compito a Colapesce: gettò nel mezzo dello Stretto di Messina una coppa e gli chiese di andare a prenderla. Colapesce non se lo fece ripetere due volte e, tuffatosi in mare, la recuperò in pochi minuti.

Stupito dalla bravura e dalla velocità del ragazzo, Federico II aumentò la posta in gioco: gettò la sua corona in un punto più profondo, chiedendo nuovamente al giovane di recuperare l’oggetto. Anche questa volta Colapesce riuscì nell’impresa in poco tempo, tra gli applausi di tutti i presenti.

Non contento, il re prese un oggetto più piccolo, un anello, e lo gettò in un punto ancora più profondo, certo che questa volta il giovane non sarebbe stato in grado di ripetere l’impresa. Colapesce si tuffò in acqua e andò negli abissi del mare, dove riuscì a trovare l’anello ma, allo stesso tempo, vide che la Sicilia era sorretta da tre colonne: una era a Capo Lilibeo, la punta di Trapani, l’altra a Capo Passero, sotto Siracusa, e la terza a Capo Peloro, a Messina. Proprio quella sotto la città dello Stretto era piena di crepe e poteva crollare in qualsiasi momento.

Uscito dal mare, raccontò tutto a Federico II che gli chiese di tornare sottacqua per controllare meglio lo stato della colonna. Colapesce volle portare con sé un sacchetto di lenticchie: se il re avesse visto tornare a galla solo le lenticchie, significava che lui aveva perso la vita nell’impresa. Effettivamente a riaffiorare furono solo le lenticchie e il giovane non tornò più a galla.

Ma che fine fece Colapesce? Si racconta che il giovane non sia morto ma che abbia deciso di rimanere sottacqua per salvare la Sicilia, prendendo il posto della colonna danneggiata e reggendo sulle sue spalle l’intera regione.

Questo, infine, spiegherebbe anche i numerosi terremoti che hanno colpito nei secoli la provincia di Messina. Il tremore della terra, infatti, sarebbe causato da Colapesce che, stanco di sostenere il peso della colonna, ogni tanto cambia la spalla su cui poggia il peso dell’isola. Il tremore della terra sarebbe provocato proprio da questo movimento. 

Questa leggenda ha origini antichissime: pare che derivi, infatti, dal dio del mare Nettuno, la versione romana del dio greco Poseidone, e dal culto tardo pagano verso i suoi figli, tra i quali c’è Tritone, mezzo uomo e mezzo pesce, che Nettuno ebbe con Anfitrite, una delle nereidi, ninfe marine. Nettuno ebbe figli anche accoppiandosi con i misteriosi animali marini che popolano il fondo degli oceani. Questi divennero sommozzatori che, grazie ai poteri derivati dal padre, potevano trattenere il respiro a lungo, raggiungendo i fondali più profondi. La leggenda di Colapesce sembra proprio derivare da questi antichi culti, diventati col tempo storie da raccontare e tramandare fino ai nostri giorni.

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