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Famoso per la triste storia della Baronessa di Carini, il Castello La Grua Talamanca si è trasformato nel tempo da fortezza militare a residenza nobiliare: scopriamone i segreti

Una fortezza medievale che si erge su tutti i territori circostanti e sul mare, divenuta poi residenza nobiliare prima di essere abbandonata alla fine dell’epoca feudale. Il Castello La Grua Talamanca di Carini è oggi famoso per la triste vicenda della Baronessa di Carini ma la sua storia si intreccia per oltre cinquecento anni con quella siciliana e racconta di nobili decaduti, di mancanza di eredi oltre che di delitti d’onore.

Le prime tracce del Castello di Carini risalgono al periodo arabo ma, storicamente, l’edificio fu costruito nel periodo normanno, tra l’XI e il XII secolo, dal feudatario Rodolfo Bonello, un guerriero che arrivò in Sicilia al seguito del conte Ruggiero I, conquistatore dell’isola e primo Conte di Sicilia a partire dal 1062. La sua posizione sopraelevata permetteva di controllare la zona fino alla costa per prevenire l’attacco di pirati e nemici.

Nel 1238 il castello passò di proprietà alla famiglia Abate, che fece i primi lavori per trasformarlo in residenza nobiliare. Gli Abate dovettero abbandonare il castello nel 1397 per volere del re di Sicilia Martino I, che li volle punire, privandoli di tutti i beni, per essersi schierati con la famiglia Chiaramonte nella disputa per la corona.

Martino I concesse il castello e tutto il feudo di Carini a Ubertino La Grua il quale, però, non ebbe eredi maschi e fece sposare la figlia Ilaria con il catalano Gilberto Talamanca, dando vita alla casata La Grua Talamanca che resterà in possesso della baronia di Carini e del castello fino al 1812.

castello carini

È nel XIV secolo, proprio durante la dinastia dei La Grua Talamanca, che avvenne la triste storia della Baronessa di Carini. Laura Lanza di Trabia, figlia di Cesare Lanza, data in moglie a soli 14 anni a Vincenzo La Grua Talamanca. Un matrimonio combinato, come era abitudine dell’epoca, per rafforzare entrambe le famiglie. Il marito era quasi sempre assente e la baronessa iniziò a frequentare il nobile Ludovico Vernegallo, la cui famiglia possedeva il feudo di Montelepre. I due si frequentarono fino a quando Cesare Lanza non venne a scoprire dell’amore segreto e, la notte del 4 dicembre 1563, irruppe nel castello insieme ai suoi uomini per uccidere la figlia e l’amante. L’uomo fu assolto e la verità fu nascosta. Ma un canto popolare (da alcuni attribuito al poeta Antonio Veneziano) ha tramandato la triste storia della Baronessa di Carini fino ai nostri giorni. La leggenda racconta che ogni anno, per l’anniversario del delitto, nella stanza dove la baronessa venne uccisa, appare su una parete l’impronta di una mano insanguinata.

Nel 1812, finito il feudalesimo, la famiglia La Grua Talamanca si trasferì in Francia, abbandonando il castello e lasciandolo degradare fino al 1975, quando, alla caduta dell’ala ovest, gli eredi decisero di donarlo al Comune di Carini che iniziò i lavori di restauro.

Oggi il castello presenta un esterno austero, tipico del periodo medievale, con le mura risalenti alla sua prima costruzione ed elementi arabo-normanni presenti sulla seconda porta, che presenta un’arcata a sesto acuto e lo stemma della famiglia Abbate. Sopra i portali sono presenti alcuni scudi con una gru, simbolo della casata La Grua.

L’aspetto interno, contrapponendosi a quello esterno, è molto più colorato, tipico delle residenze nobiliari. Le stanze affrescate presentano stili diversi, spesso sovrapposti, a testimonianza delle opere di abbellimento che sono state realizzate nel corso dei secoli per trasformare la fortezza in una residenza sempre più lussuosa, con colori chiari e tinte pastello. Degno di nota è l’affresco sulla volta della stanza della baronessa, che raffigura Ulisse e Penelope.

Il cambio di destinazione d’uso dell’edificio, da forte di guardia a dimora nobiliare, è testimoniato anche da due iscrizioni che si trovano al primo piano su due portali. Una recita “Recedant Vetera” (Sia cancellato il passato), l’altra “Et nova sint omnia” (E tutto sia rinnovato). Furono collocate probabilmente durante i lavori dell’architetto Matteo Carnalivari, nella seconda metà del 1400.

Al piano terra è possibile vedere un lavatoio realizzato in pietra di Billemi, una statua di marmo della Madonna di Trapani e una cappella affrescata dove si può ammirate un tabernacolo ligneo di inizio 1600 con colonnine corinzie.

Al piano superiore c’è il salone delle feste, che ha un soffitto ligneo a cassettoni e un camino con lo stemma della famiglia La Grua. Da una porta laterale è possibile entrate in una stanza che la leggenda vuole fosse quella dove avvenivano gli incontri clandestini tra la Baronessa di Carini e il suo amante.

E, alla fine, tutto ritorna alla Baronessa di Carini, perché la sua triste storia e le leggende che ne sono seguite hanno creato intorno al Castello La Grua Talamanca di Carini un’aura di mistero che richiama ogni anno centinaia di turisti curiosi di vedere l’apparizione della mano insanguinata o del fantasma della baronessa.

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